Come noto, in risposta all’emergenza derivante dalla rapida diffusione del COVID-19, il DPCM 9 marzo del 2020, ha esteso a tutto il territorio nazionale le limitazioni per gli spostamenti previste dal precedente DPCM 8 marzo 2020.
Il 14 marzo 2020, inoltre, le parti sociali hanno sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”.
- Fino a quando troveranno applicazione le nuove misure restrittive sulla circolazione introdotte dai DPCM 8 e 9 marzo 2020?
Le nuove misure troveranno applicazione sino al 3 aprile 2020.
- Quali sono i territori interessati?
Le misure si applicano sull’intero territorio dello Stato.
- Che effetti avranno le nuove misure sulla limitazione della circolazione nei confronti dai datori di lavoro?
Sul tutto il territorio dello stato è da evitare ogni sposamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dal territorio italiano, nonché all’interno del medesimo territorio, “salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.
- Cosa si intende per “comprovate esigenze lavorative”?
Significa che il lavoratore può recarsi regolarmente sul luogo di lavoro (o comunque spostarsi da un punto all’altro del territorio) se la natura della sua attività lavorativa non gli consente di lavorare da remoto oppure nell’ipotesi in cui il datore non gli ha accordato la possibilità di fruire dello smart working.
- Il datore di lavoro può legittimamente richiedere ai dipendenti di continuare a lavorare?
Sì.
Il DPCM 8 marzo 2020 prevede la possibilità per i cittadini di continuare a muoversi sul territorio per “comprovate esigenze lavorative” a meno che l’attività dell’azienda non rientri tra quelle sospese ai sensi delle vigenti disposizioni contenute nei diversi provvedimenti emanati per far diffusione alla diffusione del COVID-19.
È tuttavia fatta raccomandazione ai datori di lavoro di sospendere le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione.
Sono inoltre sospese e annullate tutte le trasferte e viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordati o organizzati
- Il datore di lavoro è tenuto a rilasciare specifiche informazioni ai lavoratori che continuano a recarsi in azienda?
Sì.
L’azienda è tenuta ad informare tutti i lavoratori e chiunque entri in azienda circa le disposizioni delle Autorità, consegnando e/o affiggendo all’ingresso e nei luoghi maggiormente visibili dei locali aziendali, appositi depliants informativi.
In particolare le informazioni devono riguardare:
- l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre (oltre 37,5°) o altri sintomi influenzali e di informare immediatamente il proprio medico di famiglia e l’autorità sanitaria;
- la consapevolezza e l’accettazione del lavoratore di non poter fare ingresso (o comunque di non potervi permanere) in azienda laddove lo stesso presenti i sintomi del contagio o sia entrato in contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti; tali circostanze dovranno essere comunicate tempestivamente al datore di lavoro.
- l’impegno ad informare tempestivamente il datore di lavoro della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante lo svolgimento della prestazione lavorativa, avendo cura di rimanere ad adeguata distanza dalle persone presenti.
l’impegno a rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro nell’accedere in azienda.
- Il datore di lavoro deve rilasciare un certificato per gli spostamenti?
Non è obbligatorio.
Per quanto riguarda gli spostamenti lungo il tragitto da e verso il luogo di lavoro, in caso di controlli della pubblica autorità, il lavoratore è solamente tenuto a compilare un’autodichiarazione in cui attesti il motivo dei suoi spostamenti; il modello dell’autodichiarazione è scaricabile sul sito del ministero degli interni e, in ogni caso, potrà essere fornito dagli agenti di polizia incaricati dei controlli.
Non vi è un obbligo specifico per il datore di lavoro di fornire ai lavoratori alcun tipo di certificato per gli spostamenti sul territorio.
Tuttavia, soprattutto nel caso di lavoratori “itineranti” o in trasferta, al fine di agevolare le procedure di controllo da parte delle autorità, potrebbe essere utile fornire ai propri lavoratori una dichiarazione su carta intestata in cui venga specificato il motivo dei loro spostamenti.
- Il lavoratore può legittimamente rifiutarsi di recarsi in azienda?
Il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione lavorativa all’interno dell’azienda è ingiustificato se il datore di lavoro ha adottato tutte le misure necessarie al fine di evitare il contagio; in tal caso, in presenza di rifiuto, il lavoratore potrebbe essere sottoposto ad un procedimento disciplinare e subire l’irrogazione di sanzioni.
- Sono previste delle semplificazioni per l’accesso allo smart working?
Sì.
Sino al 31 luglio 2020 i datori di lavoro potranno scegliere di applicare lo smart working ad a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali.
La comunicazione di avvio dello smart working dovrà essere inviata entro 5 giorni dall’attivazione attraverso il portale del ministero del lavoro “clicklavoro”.
Gli obblighi di informazione in materia di sicurezza sul lavoro potranno essere assolti inviando ai lavoratori interessati e al rappresentante dei lavoratori sulla sicurezza l’apposito modulo scaricabile dal sito dell’INAIL.
- Quali misure adottare per quei lavoratori che non possono lavorare tramite lo smart working?
È raccomandato ai datori di lavoro di consentire ai loro dipendenti di poter fruire periodi di congedo ordinario e ferie.
- Quali sono le misure che i datori di lavoro devono adottare al fine di prevenire il contagio?
Il datore di lavoro potrà dare disposizioni affinché i lavoratori, prima dell’accesso al luogo di lavoro, vengano sottoposti al controllo della temperatura corporea. Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, i lavoratori non potranno accedere al luogo di lavoro.
Per quanto possibile, è opportuno favorire orari di ingresso/uscita, turni di lavoro e in mensa scaglionati, in modo da evitare il più possibile i contatti nelle zone comuni.
L’azienda è tenuta ad assicurare la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago; in particolare, occorre garantire la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti. Nel caso di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali, si dovrà procedere alla pulizia e sanificazione dei suddetti secondo le disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute, nonché procedere alla loro ventilazione.
Il datore di lavoro dovrà adoperarsi affinché venga rispettata la distanza interpersonale di un metro e garantire la corretta areazione dei locali; qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle mascherine, e altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie. Le mascherine dovranno essere utilizzate in conformità a quanto previsto dalle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Il datore dovrà inoltre adoperarsi al fine di ridurre il più possibile le occasioni di contatto tra fornitori/visitatori esterni ed il personale.
Non sono consentite le riunioni in presenza. Laddove le stesse fossero connotate dal carattere della necessità e urgenza dovrà essere ridotta al minimo la partecipazione necessaria e, comunque, dovranno essere garantiti il distanziamento interpersonale e un’adeguata pulizia/areazione dei locali; sono inoltre sospesi e annullati tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula, anche obbligatoria, anche se già organizzati
- I lavoratori che svolgono ruoli e funzioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro possono continuare ad operare anche se non hanno completato la formazione e gli aggiornamenti obbligatori?
Sì.
Il mancato completamento dell’aggiornamento della formazione professionale e/o abilitante entro i termini previsti per tutti i ruoli/funzioni aziendali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, dovuto all’emergenza in corso e quindi per causa di forza maggiore, non comporta l’impossibilità a continuare lo svolgimento dello specifico ruolo/funzione (a titolo esemplificativo: l’addetto all’emergenza, sia antincendio, sia primo soccorso, può continuare ad intervenire in caso di necessità; il carrellista può continuare ad operare come carrellista).
- Esistono degli strumenti economici a supporto dei datori di lavoro? Quali?
Sì, siamo in attesa della nuova normativa.
- Esistono delle misure a supporto dei genitori lavoratori?
Sì, siamo in attesa della nuova normativa.
- Come organizzare la sorveglianza sanitaria?
La sorveglianza sanitaria non deve essere assolutamente interrotta, perché rappresenta una ulteriore misura di prevenzione di carattere generale. In linea di massima, durante il periodo dell’emergenza, andranno privilegiate le visite preventive, le visite a richiesta e le visite da rientro da malattia
Il medico competente segnalerà ai datori situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti nel rispetto della privacy e il datore di lavoro sarà tenuto a provvedere alla loro tutela.
- Come gestire i lavoratori che presentano i sintomi del contagio da COVID 19?
Nel caso in cui una persona presente in azienda sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria (es: tosse, difficoltà respiratorie…) è tenuto a dichiararlo immediatamente al datore di lavoro (oppure, ove presente, all’ufficio del personale).
L’azienda, dopo aver proceduto con il suo isolamento e a quello degli altri presenti dai locali in base alle disposizioni dell’autorità sanitaria, dovrà immediatamente avvertire le autorità sanitarie competenti e i numeri di emergenza per il COVID-19 forniti dalla Regione o dal Ministero della Salute, attenendosi alle istruzioni ricevute.
- Cosa fare se un dipendente presenta i sintomi tipici del COVID 19 ed ha avuto contatti con altri dipendenti?
Il datore di lavoro dovrebbe far sì che i lavoratori che abbiano avuto contatti con un collega che presenta i sintomi del virus rimangano a casa a lavorare in smart working; ove non possibile, al fine di evitare un possibile contagio, potrebbe essere utile spingere i lavoratori interessati a rimanere a casa usufruendo delle ferie e dei rol.
L’azienda è tenuta inoltre a collaborare attivamente con le Autorità sanitarie per la definizione degli eventuali “contatti stretti” dei lavoratori risultati positivi al tampone COVID-19. Ciò al fine di permettere alle autorità di applicare le necessarie e opportune misure di quarantena.
Nel periodo dell’indagine, il datore di lavoro potrà chiedere agli eventuali possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente lo stabilimento, secondo le indicazioni dell’Autorità sanitaria.
- Quale trattamento riservare alle assenze dei lavoratori che presentano sintomi da infezioni respiratoria e febbre o che sono stati contagiati dal virus?
L’assenza dei lavoratori che presentino sintomi da infezione respiratoria e febbre o che siano stati contagiati dal virus dovranno essere regolarmente trattate come periodo di malattia.
- I datori di lavoro devono aggiornare il Documento di Valutazione dei rischi?
Sì.
I datori di lavoro dovranno includere nel Documento di Valutazione dei Rischi individuando le misure di protezione del personale ritenute maggiormente adeguate per far fronte alla diffusione del COVID-19.
Il documento dovrà inoltre essere aggiornato includendo le ultime raccomandazioni fornite in dal Ministero della salute (es: lavare frequentemente ed accuratamente le mani con sapone o igienizzanti a base di alcol; pulire le superfici delle postazioni lavorative con appositi disinfettanti; evitare di toccarsi naso e bocca; evitare gli assembramenti; mantenere una distanza di un metro l’uno dall’altro ecc…)
- Corona virus e privacy: ci sono degli accorgimenti da adottare per i datori di lavoro?
Sì.
Anche durante questa situazione di emergenza i datori di lavoro dovranno astenersi dall’effettuare in modo sistematico indagini sullo stato di salute del lavoratore e dei loro prossimi congiunti, vietate dallo Statuto dei Lavoratori. In caso di violazione, i datori potrebbero incorrere in pesanti conseguenze sanzionatorie legate all’illecito trattamento dei dati.
- Se lo Stato mi ordina di sospendere l’attività ho l’obbligo di retribuire i dipendenti anche per i giorni di chiusura?
Il datore non può unilateralmente ridurre o sospendere l’attività lavorativa e, contemporaneamente, rifiutarsi di corrispondere la retribuzione, perché se lo facesse incorrerebbe in un inadempimento contrattuale.
Ciò sulla base di quanto previsto in generale dalla disciplina delle obbligazioni corrispettive, secondo cui il rifiuto di eseguire la prestazione può essere opposto da un contraente (il datore) soltanto se l’altra parte (il lavoratore) ometta di effettuare la prestazione dovuta e non quando questa sia impedita dalla volontà datoriale unilaterale, salva l’ipotesi (la cui prova è a carico del datore), della impossibilità sopravvenuta.
Esistono tuttavia nell’ordinamento italiano precise deroghe al principio che precede.
La più interessante in questo momento è quella che si realizza quando il datore di lavoro si trova nell’impossibilità di ricevere la prestazione lavorativa a causa di provvedimenti legislativi o amministrativi, motivati dall’obbligo di tutelare interessi generali (cd factum principis), in applicazione dei principi generali dell’ordinamento, la retribuzione non è dovuta.
Secondo la giurisprudenza consolidata, sussiste un factum principis e gli ordini o i divieti emanati dalle autorità sono suscettibili di determinare l’impossibilità della prestazione qualora:
1) non siano ragionevolmente prevedibili, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione;
2) il debitore abbia sperimentato tutte le ragionevoli possibilità per adempiere regolarmente.
Con riferimento al rapporto di lavoro ed ai recenti provvedimenti emanati per contenere la diffusione del contagio da Covid 19, dovrebbero trovare applicazione principi analoghi a quelli appena esaminati, anche alla luce di un orientamento, risalente ma valido, della Corte di Cassazione secondo cui se il lavoratore offre regolarmente la propria prestazione, ma il datore di lavoro non è in grado di utilizzarla, il mancato pagamento della retribuzione è giustificato solo quando non è imputabile al fatto del datore di lavoro, non è prevedibile ed evitabile e non è riferibile a carenze di programmazione o di organizzazione aziendale oppure a contingenti difficoltà di mercato (Cassazione civile, sez. lav., 15372/2004; Cassazione civile, sez. lav., 11916/1999; Cassazione civile, sez. lav. , 08/08/1996 , n. 7263).
Diversa è l’ipotesi in cui la sospensione del rapporto di lavoro è determinata dal ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG).
La CIG è un trattamento economico di tipo previdenziale che consiste nella possibilità per il datore, in possesso di specifici requisiti per fruirne, di sospendere alcuni o tutti i propri lavoratori dall’attività lavorativa e di conseguenza dalla retribuzione. Ai lavoratori sospesi spetterà una integrazione salariale derivante proprio dalla CIG. Agli stessi spetta un trattamento indennitario nella misura di non oltre l’80% della retribuzione.
Semplificando molto, la CIG può essere:
Ordinaria (Cigo): attivata in caso di riduzione dell’attività lavorativa dovuta a una temporanea difficoltà di mercato dell’azienda (calo della domanda) o ad altri eventi temporanei non dovuti a responsabilità del datore di lavoro o dei lavoratori.
Straordinaria (Cigs): attivata per far fronte ad una situazione di crisi e/o necessità di riorganizzazione.
In Deroga: attivata quando l’azienda non può ricorrere ai due strumenti precedenti i) perché non ne ha i requisiti oppure ii) perché ne ha esaurito il periodo di fruizione.