La portata internazionale di un evento straordinario ed eccezionale come la pandemia da Covid-19 costituisce l’occasione per un esame del concetto di forza maggiore nell’ambito dei Paesi più attivi negli scambi commerciali con l’Italia e in generale negli scambi commerciali internazionali.
È di seguito riportata una breve disamina della nozione di force majeure nel Regno Unito, Paese culla della tradizione giuridica di common law, che sarà nel breve chiamato, come noto, ad affrontare le conseguenze di un ulteriore evento straordinario ed eccezionale come la Brexit.
LA NOZIONE DI FORCE MAJEURE
Nell’ambito dell’ordinamento britannico, così come nell’ordinamento italiano, non esiste una definizione generale di force majeure di origine legislativa né di matrice giurisprudenziale, per cui l’individuazione e la determinazione di questo concetto giuridico è rimessa esclusivamente alle eventuali pattuizioni contenute all’interno dei contratti.
Dunque, a differenza di quanto avviene in taluni ordinamenti di civil law, nell’ambito dei quali è nato e si è sviluppato il concetto di forza maggiore, questo non assurge nell’ordinamento inglese al rango di istituto giuridico di carattere generale.
Per questa ragione le autorità giudiziarie non possono di regola, e indipendentemente da una previsione contrattuale, qualificare uno determinato evento naturale, come ad esempio la pandemia da Covid-19, come una causa di forza maggiore né dunque, far scaturire da tale qualificazione conseguenze giuridiche che esimano le parti di un contratto dalle proprie responsabilità per inadempimento o per tardivo adempimento.
A tale regola generale di intangibilità dei contratti, coerente con il principio di ampia libertà dei contraenti che caratterizza l’ordinamento britannico come in generale tutti gli ordinamenti di common law, fa eccezione la dottrina della frustration di cui si dirà nel prosieguo.
LA FORCE MAJEURE NEI CONTRATTI
L’esigenza di tutelare le parti dei contratti da eventi di carattere eccezionale e straordinario, e l’assenza di una previsione generale pienamente tutelante da questo punto di vista, ha portato alla diffusione nella prassi dei contratti stipulati oltremanica di clausole con le più differenti formulazioni che fanno riferimento a eventi forza maggiore e alle relative conseguenze giuridiche.
Può essere inclusa nei contratti l’elencazione di specifici eventi straordinari quali guerre, terrorismo, terremoti, uragani, ordini dell’autorità o epidemie.
Possono essere previste poi espressioni più generiche e ampie, come “causes beyond our control” oppure “force majeure”.
È tuttavia più raro che vengano utilizzate tali ultime formulazioni, non affiancate da un’elencazione esemplificativa o esaustiva della casistica contemplata, poiché non avendo l’espressione forza maggiore un significato giuridico tecnico nel diritto britannico è più complesso determinarne i confini.
Ove i contratti prevedano espressamente il termine epidemic o pandemic, la clausola coprirà chiaramente, a seconda del caso di specie, le ipotesi di ritardo o di inadempimento avvenuti in conseguenza della pandemia Covid-19.
Stesso ragionamento varrà ovviamente per Brexit che sarà inquadrabile come evento di forza maggiore, nella misura in cui rientri nella previsione dei contratti e si presenti del caso di specie come causa impeditiva di un corretto adempimento.
MATERIAL ADVERSE CHANGE CLAUSES
Per quanto concerne il rapporto tra le cause di forza maggiore e il diritto societario, nella prassi contrattuale del diritto anglosassone, sono attualmente molto diffuse le così dette Mac clauses (material adverse change clauses) in base alle quali, nell’ambito delle operazioni societarie di acquisizione e fusione, le parti dopo la sottoscrizione di un accordo preliminare possono svincolarsi prima del closing e del perfezionamento dell’operazione in presenza di un material event change, ossia di un mutamento straordinario ed eccezionale di circostanze che
riduce in modo significativo il valore di una delle società e che muta pertanto in maniera considerevole i termini dell’operazione.
In questo caso non si può parlare propriamente di impedimento materiale o giuridico nell’esecuzione della prestazione, per cui si esula propriamente dall’ambito della forza maggiore. È tuttavia bene sottolineare in questa sede come l’attuale emergenza pandemica da covid-19 possa sconvolgere gli equilibri delle operazioni societarie in corso, con la conseguenza che la presenza di queste clausole può rivelarsi determinante.
LA DOTTRINA DELLA FRUSTRATION
In mancanza di una pattuizione espressa, ovvero nel caso in cui la circostanza impediente il corretto e puntuale adempimento degli obblighi contrattuali non sia inclusa nella clausola contrattuale di forza maggiore, in determinate circostanze potrà trovare applicazione la dottrina della frustration.
Secondo questo principio giuridico, in presenza di un evento successivo e imprevedibile, al di fuori del controllo delle parti, che ha reso il contratto impossibile ovvero ha trasformato le obbligazioni contrattuali in obblighi radicalmente differenti da quelli originariamente previsti, il contratto si estingue.
Questo principio risalente, progressivamente affermato dalla giurisprudenza inglese già a partire dal XVII secolo, è stato successivamente codificato nel Law reform frustrated Act del 1943, che costituisce tutt’ora il testo legislativo di riferimento in questa materia.
Il sistema costruito dalla case law non prevedeva la ripetizione delle somme già pagate ma solo lo scioglimento del contratto pro futuro. Tale rigido principio fu modificato con la codificazione del 1943 che stabilì altresì l’obbligo di restituzione delle somme pagate, salvo patto contrario.
A differenza della clausola di forza maggiore, che può giustificare un ritardato adempimento non colpevole tenendo in vita la pattuizione contrattuale, la frustration è un rimedio drastico che causa un’immediata e definitiva cessazione degli effetti del contratto tra le parti.
FRUSTRATION e IMPOSSIBILITà sopravvenuta
Si può rilevare, a questo punto, la sussistenza di un’analogia tra la frustration e l’istituto dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione (artt. 1218 e 1256 c.c.) previsto dall’ordinamento italiano, che va di pari passo all’assenza di una definizione di causa di forza maggiore nei due ordinamenti.
In entrambi gli ordinamenti l’impossibilità sopravvenuta può essere considerata una causa di esenzione dalla responsabilità per inadempimento, ma è differente il fondamento giuridico della liberazione del debitore.
Nel diritto italiano il debitore è liberato dall’obbligo di risarcimento del danno se prova l’assenza di colpa (inadempimento o ritardo della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore).
Nel diritto inglese vige invece un principio di responsabilità oggettiva per cui il fondamento della liberazione del debitore dall’obbligo di adempiere e di risarcire il danno per inadempimento va rinvenuto nella circostanza che le parti non possono aver ragionevolmente considerato come pattuito nel contratto il superamento dell’impedimento da parte del debitore.