Il momento storico che abbiamo vissuto negli ultimi mesi e che ancora oggi stiamo vivendo, ci ha costretto a rinunciare alla nostra quotidianità, mettendo in pausa le nostre vite come eravamo abituati a viverle, al solo fine di salvaguardare la salute nostra e di chi ci sta accanto. Lo scopo dei vari provvedimenti che si sono susseguiti dal primo DPCM dell’8 marzo 2020 in poi è sempre stato quello di agevolare l’operato dei professionisti della salute nell’attesa della scoperta di un vaccino.
Proprio a tal fine, uno dei primi sacrifici che ci è stato chiesto di accogliere è stata la rinuncia alle attività sportive, concretamente realizzatosi nella chiusura forzata dei centri sportivi e natatori, vale a dire palestre e piscine, fossero esse costituite in forma di Associazione, piuttosto che di Società Sportiva.
Tale situazione ha dunque visto contrapporsi gli interessi degli enti sportivi e dei loro gestori (parzialmente agevolati dalle previsioni del D.L. Cura Italia, che ha previsto indennità per i lavoratori autonomi del settore e per centri sportivi), con quelli dei soggetti che hanno pagato una quota per lo svolgimento di un’attività nel corso dell’anno sportivo 2019/2020, bruscamente interrotto, e che ora richiedono la restituzione, anche parziale, di quanto versato.
L’esito della richiesta di rimborso e, dunque, il risultato ottenibile dallo sportivo che si è visto interrompere la propria stagione dipende principalmente dal titolo in base al quale egli ha effettuato il pagamento a vantaggio dell’ente.
Qualora infatti il pagamento fosse stato effettuato nei confronti di una Associazione Sportiva, sia essa dilettantistica o meno, e il versamento della quota annuale di iscrizione, all’esito dell’iter di richiesta, fosse finalizzato all’acquisto della qualità di socio della predetta associazione da parte del soggetto pagante, la somma versata risulterà non restituibile.
In tal caso, infatti, l’accordo tra l’Associazione e lo sportivo ha ad oggetto unicamente l’acquisizione della predetta qualità di socio, che si perfeziona con il pagamento. Tale assunzione comporta, per il soggetto che vanta detto titolo, l’acquisizione di diritti e doveri nei confronti dell’Associazione, tra cui il sostentamento, anche economico, dell’associazione stessa, con la conseguenza che la quota associativa versata ben potrebbe risultare come donazione e, dunque, priva di corrispettivo.
Tale considerazione trova conferma, per un verso, nella normativa civilistica, che prevede che “i contributi degli associati e i beni acquistati con questi contributi costituiscono il fondo comune dell’associazione. Finché questa dura, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, né pretenderne la quota in caso di recesso” (art. 37 c.c.) e, per altro verso, nella normativa tributaria di riferimento, in tema di agevolazioni fiscali per gli enti associativi (art. 148 TUIR).
Ma non è tutto. Da quanto precede deriva inoltre che, qualora sia stata concessa una dilazione per il pagamento della quota associativa e una o più delle rate previste avrebbero dovuto essere pagate successivamente all’interruzione delle attività sportive a causa delle misure restrittive adottate dal governo, tali pagamenti dovrebbero comunque essere effettuati, in ragione dell’impegno assunto all’inizio della stagione sportiva e dell’assunzione della qualifica di socio.
Sul punto, si rileva tuttavia che, il mancato pagamento parziale della quota associativa, potrebbe avere come unica conseguenza la decadenza del soggetto dalla qualifica di socio, vale a dire la perdita di un ruolo che, comunque, risulta allo stato non sfruttabile dallo sportivo aderente all’associazione.
Diverso è il caso in cui, invece, il pagamento eseguito nei confronti di un’Associazione Sportiva o di una Società Sportiva sia finalizzato all’acquisto di un abbonamento per lo svolgimento di attività, che però non è possibile compiere in ragione della chiusura forzata dell’ente sportivo erogatore.
In questo secondo caso, il pagamento del tesserato è finalizzato alla mera partecipazione ad un’“attività sportiva dilettantistica, compresa l’attività didattica”, ai sensi dell’art. 90, L. 298/2002, con la conseguenza che il pagante, lungi dall’esser divenuto socio di un ente, ha unicamente acquistato un servizio avente ad oggetto l’insegnamento o il perfezionamento in una specifica (o più d’una) disciplina sportiva.
In tal caso, la centralità dell’accordo raggiunto tra il soggetto pagatore e l’ente sportivo è, appunto, il “percorso sportivo”, che deve dunque avere, per sua stessa caratteristica (e spesso per previsione contrattuale), una determinata durata nel tempo, pur non essendo vincolato a specifiche date. Conseguenza di quanto precede è che il pagamento effettuato viene legato al percorso sportivo, indipendentemente dal mese in cui lo stesso viene a realizzarsi (e, quindi, anche post emergenza).
In questo secondo caso, dunque, le attività sportive sono vincolate al solo raggiungimento di un “obiettivo”, con la conseguenza che, laddove possibile, le stesse potranno essere posticipate ad un momento successivo all’attuale fase di emergenza, come ad esempio avviene nei casi di abbonamenti a palestre, piscine e di affitto dei campi da gioco. Qualora invece tale postergazione dell’attività non fosse possibile, come nell’ipotesi di Società Sportive che promuovono sport di squadra (ad es. il calcio, il basket o la pallavolo), lo sportivo avrà diritto alla restituzione della quota parte corrispondente a quanto versato e non goduto.
Da ultimo, si evidenzia che, proprio al fine di evitare tale ultima ipotesi, vale a dire la restituzione di quota parte degli abbonamenti sportivi, diverse Associazioni Sportive e Società Sportive, conseguentemente alle chiusure forzate, hanno avviato dei programmi di allenamento a distanza mediante l’utilizzo dei dispositivi tecnologici.
Così facendo, l’ente sportivo ha continuato a promuovere la propria attività, onorando dunque i contratti in essere con la propria utenza, rafforzando la propria posizione di buona fede nell’affrontare nel miglior modo possibile l’emergenza in corso e mettendosi al riparo dalle richieste di restituzione degli abbonati.