La recente sentenza della Corte costituzionale tedesca sul “Public Sector Purchase Programme” (PSPP), pronunciata il 5 maggio scorso ha scatenato un terremoto istituzionale. Cerchiamo di seguito di delineare l’effettivo contenuto della sentenza, le ragioni su cui basa e le possibili conseguenze.
L’oggetto della sentenza
Il Public Sector Purchase Programme fu introdotto nel 2015 dalla Banca Centrale Europea sotto la guida di Mario Draghi come parte dell’Expanded Asset Purchase Programme (EAPP), entrambi noti anche come programmi di quantitative easing. Si tratta di un programma per l’acquisto di attività del settore pubblico sui mercati secondari. L’obiettivo della BCE che sulla base del PSPP compra titoli di stato dagli istituti bancari è quello di fornire a loro liquidità e agevolare la concessione di crediti alle imprese, riportando allo stesso tempo il tasso d’inflazione all’interno della zona Euro al 2 per cento.
Il PSPP forma la parte preponderante dell’EAPP. Alla data del 8 novembre 2019 la BCE aveva acquistato titoli per un valore complessivo di 2.557.800 milioni di Euro di cui 2.088.100 milioni sotto il PSPP.
È doveroso precisare che la sentenza non riguarda i programmi previsti per fronteggiare l’emergenza da Covid-19.
La domanda posta alla Corte
Con diversi ricorsi alcuni cittadini tedeschi, tra i quali Peter Gauweiler, noto esponente del partito CSU (ramo bavarese della CDU), avevano posto in dubbio la conformità costituzionale del PSPP.
I ricorrenti sostenevano che con le delibere sull’introduzione del PSPP la BCE avesse violato l’art. 123 del Trattato sul Funzionamento del Unione europea (TFUE) che vieta alla BCE e alle banche centrali degli Stati membri la concessione, sotto qualsiasi forma, di facilitazioni creditizie alle amministrazioni degli Stati membri e dell’Unione europea stessa.
Inoltre, i ricorrenti invocavano la violazione dell’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), ovvero del principio di attribuzione per la delimitazione delle competenze dell’Unione e del principio di proporzionalità che deve essere rispettato nell’esercizio delle competenze dell’Unione.
Secondo i ricorrenti le delibere della BCE costituivano atti “ultra vires” attraverso i quali si era verificata una sottrazione di potere dalle istituzioni nazionali tedesche verso quelle dell’Unione.
Le decisioni relative al PSPP violerebbero, peraltro, il principio di democrazia sancito nel Grundgesetz (Costituzione tedesca) e pregiudicherebbero, pertanto, l’identità costituzionale tedesca.
La questione pregiudiziale sollevata davanti alla Corte di Giustizia
Nel 2017 la Corte costituzionale aveva sottoposto alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale. In particolare, aveva chiesto se violi l’articolo 123, paragrafo 1, TFUE il fatto che, nell’ambito del PSPP,
- determinati dettagli sugli acquisti siano comunicati in modo tale da far nascere nei mercati la certezza di fatto che l’Eurosistema acquisterà in parte i titoli che saranno emessi dagli Stati membri;
- non sia reso noto, nemmeno a posteriori, alcun dettaglio relativo al rispetto di termini minimi tra l’emissione di uno strumento di debito sul mercato primario e il suo acquisto sul mercato secondario, di modo che non è possibile un controllo giudiziale a tale riguardo;
- tutti i titoli acquistati non siano nuovamente venduti, bensì vengano detenuti sino alla scadenza finale e siano quindi sottratti al mercato;
- l’Eurosistema acquisti titoli di debito negoziabili nominali con un tasso di rendimento a scadenza negativo.
Con la sua sentenza di dicembre 2018 (causa C-493/17) la Corte di Giustizia ha ritenuto che le decisioni della BCE in questione fossero sufficientemente motivate dalla necessità di ottenere un aumento dei tassi d’inflazione, all’epoca vicini allo zero a seguito della recessione profonda che si era verificato a partire dal 2008.
In merito alla questione della proporzionalità, la Corte di Giustizia ha concluso che l’analisi economica del SEBC (Sistema europeo delle banche centrali), secondo cui il PSPP era idoneo a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di mantenimento della stabilità dei prezzi, non sia viziata da un manifesto errore di valutazione.
La critica della Corte tedesca nei confronti della Corte di Giustizia
Secondo la Corte costituzionale tedesca la Corte di Giustizia nelle proprie valutazioni sulla proporzionalità non avrebbe tenuto conto delle conseguenze effettive del PSPP sulla politica economica. Laddove siano coinvolti interessi fondamentali degli Stati membri, come generalmente accade nelle questioni interpretative sulle competenze conferite all’Unione europea, il controllo giurisdizionale non possa limitarsi ad accettare posizioni semplicemente sostenute dalla BCE, limitando la verifica a eventuali vizi “evidenti”. Diversamente si permetterebbe alla BCE di ampliare autonomamente le proprie competenze. In questo modo verrebbe di fatto vanificato il principio dell’attribuzione delle competenze di cui all’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea.
La Corte tedesca ritiene che le conclusioni della Corte di Giustizia sul punto siano non sostenibili sotto un profilo metodologico.
Le conclusioni della Corte costituzionale tedesca
Come conseguenza della propria critica nei confronti della Corte di Giustizia, la Corte tedesca non si ritiene vincolata dalla decisione dei giudici europei. Sottolinea che l’esercizio di controllo su eventuali atti ultra vires di organi europei faccia parte dei suoi compiti, anche se questo compito spetterebbe prevalentemente alla Corte di Giustizia. Allo stesso tempo una completa rinuncia a tale controllo da parte degli Stati membri comporterebbe che le decisioni sulla base contrattuale dell’Unione europea spetterebbero solo agli organi dell’Unione europea stessa.
La Corte tedesca sottopone le questioni sollevate dai ricorrenti quindi a un’autonoma valutazione e conclude che le delibere della BCE eccedono il mandato di politica monetaria conferitole sconfinando della politica economica che è invece riservata alla competenza esclusiva degli Stati membri.
Governo federale e parlamento tedesco hanno l’obbligo di salvaguardare il rispetto dell’agenda di integrazione seguita dall’Unione europea. Secondo i giudici di Karlsruhe dovranno pertanto insistere affinché la BCE presenti un’analisi completa della proporzionalità del PSPP sia per le misure intraprese in passato che per la fase di reinvestimento in corso dal 1° gennaio 2019.
Tutti gli organi costituzionali tedeschi, amministrativi e tribunali non possono partecipare allo sviluppo, all’attuazione, esecuzione o ratifica di atti ultra vires. Decorso un termine transitorio di tre mesi, alla Bundesbank è quindi vietato di partecipare all’attuazione e esecuzione delle delibere oggetto della sentenza, a meno che il Consiglio Direttivo della BCE non adotti una nuova delibera che dimostri in modo comprensibile e comprovato che gli obiettivi perseguiti dal PSPP sono sproporzionati rispetto agli effetti di politica economica e fiscale causati dalle stesse misure del PSPP.
Allo stesso tempo la Bundesbank deve garantire che le obbligazioni già acquistate nell’ambito del PSPP siano vendute.
Le possibili conseguenze
La Commissione potrebbe sin d’ora inviare una lettera di messa in mora alla Germania per avviare una procedura di infrazione. Tuttavia, la Commissione potrebbe preferire di attendere se la Bundesbank, come imposto dalla Corte costituzionale, non collabori più nell’attuazione delle prossime misure di acquisto di titolo di stato.
Finora sono stati aperti e chiusi con condanna solo in tre casi procedure d’infrazione per condotte ascrivibili alla Corte costituzionale di uno Stato membro. In altri due casi,
in cui le sentenze avevano ad oggetto questioni di atti ultra vires, le procedure d’infrazione non sono state portate a termine.
Una procedura d’infrazione comporterebbe in ogni caso per il governo tedesco la situazione imbarazzante di non poter imporre alla Corte costituzionale di cambiare la propria posizione.