Dopo intense trattative tra le forze politiche di maggioranza, il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema definitivo del decreto-legge c.d. “semplificazioni”, che dovrebbe essere a breve pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Il D.L. reca misure di semplificazione in vari ambiti dell’ordinamento, con l’intento principale di ridurre gli adempimenti burocratici, incentivare la digitalizzazione della pubblica amministrazione, ulteriormente semplificare i procedimenti amministrativi, con interventi anche diretti a sostenere l’economia verde e l’attività di impresa. Il decreto si colloca nell’ambito dei precedenti provvedimenti tesi a modernizzare e rilanciare l’economia del Paese e così aiutare la ripresa dell’economia messa in crisi dalla pandemia.
Tra le diverse materie su cui interviene il Decreto, occupano un ruolo di primo piano le disposizioni riferite ai contratti pubblici, quelle relative all’edilizia e all’urbanistica, nonché le misure in tema di procedimenti amministrativi.
Con l’obiettivo di incentivare gli investimenti nel settore delle infrastrutture, il Decreto Legge introduce alcune regole transitorie per l’affidamento di lavori, servizi e forniture. In particolare, fino al 31 luglio 2021, si prevede la possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere all’affidamento diretto per prestazioni di importo fino a 150.000 euro, così elevando la soglia prima fissata a 40.000 euro. Nel caso in cui il valore dell’appalto superi i 150.000 euro ma sia inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria (5 milioni di euro), la stazione appaltante può ricorrere alla procedura negoziata, senza previa pubblicazione di un bando, con obbligo di consultazione preliminare di un numero di operatori variabile in base all’importo dell’appalto e nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti. Quanto alle verifiche antimafia, è previsto che i contratti di appalto possano essere sottoscritti previo rilascio di un’informativa avente natura provvisoria, contratti che saranno risolutivamente condizionati al buon esito delle verifiche antimafia da compiersi entro i trenta giorni successivi.
Le ulteriori disposizioni rilevanti in materia di contratti pubblici riguardano l’istituzione di un fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche già bandite, con la corresponsione alle stazioni appaltanti delle somme necessarie alla tempestiva realizzazione delle opere. Inoltre, è stato fissato un termine massimo di due mesi, decorrenti dall’avvio della procedura ad evidenza pubblica (aumentati a quattro in specifici casi), entro cui deve concludersi la procedura e intervenire l’aggiudicazione; il mancato rispetto di tali termini potrà determinare una responsabilità ai fini erariali del R.U.P..
Il Decreto interviene anche sulla disciplina processuale in tema di appalti pubblici (già riformata poco tempo addietro), stabilendo, in particolare, che in sede di tutela cautelare il Giudice dovrà tenere in debita considerazione il preminente interesse alla sollecita realizzazione dell’opera pubblica. Inoltre, laddove ne ricorrano i presupposti, le controversie rientranti nel c.d. rito appalti saranno di regola definite con sentenza in forma semplificata in sede cautelare, così da abbreviare i tempi del processo. Infine, viene disposto che la pendenza di un ricorso giurisdizionale avente ad oggetto l’aggiudicazione di un appalto non possa di per sé giustificare la mancata stipula del contratto nel termine prefissato: la sospensione dell’esecuzione dei lavori potrà essere stabilita dalle parti o dall’autorità giudiziaria, ma solo in casi specifici. Le controversie sugli aspetti tecnici dell’esecuzione dell’appalto, invece, saranno attribuite alla competenza dei neocostituiti collegi consultivi tecnici, per la loro rapida risoluzione.
Per quanto riguarda la materia edilizia e urbanistica, anzitutto si rileva come dal testo approvato dal Consiglio dei Ministri sia stata espunta la disciplina che recepiva l’orientamento espresso in passato da alcuni T.A.R. sull’ammissibilità della c.d. sanatoria giurisprudenziale degli abusi edilizi (disciplina da alcuni considerata alla stregua di un nuovo condono edilizio), che aveva dato luogo a numerose tensioni tra le forze politiche di maggioranza.
Tra le misure più significative, volte a incentivare il recupero degli edifici e la rigenerazione urbana, si segnala la rimozione del vincolo di sedime e della sagoma per gli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici, prevedendo che la ricostruzione sia sempre consentita con la sola osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Parimenti, il decreto ha previsto che gli incentivi volumetrici eventualmente già riconosciuti per l’intervento edilizio possano essere utilizzati anche per ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, ma sempre nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti. In aggiunta, al fine di incentivare gli interventi di rigenerazione urbana, sul modello già adottato da alcune leggi regionali, il decreto prevede una riduzione del 20% del contributo di costruzione.
Il decreto prevede inoltre una proroga di tre anni dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori relativamente ai permessi di costruire rilasciati, o comunque formatisi, entro il 31 dicembre 2020, sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto con i nuovi strumenti urbanistici eventualmente sopravvenuti. Nell’intento di ottimizzare le tempistiche dei procedimenti, inoltre, sono state introdotte procedure più rapide in tema di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.), per gli interventi contro il dissesto idrogeologico e con riferimento ai progetti collegati alle fonti rinnovabili.
Da ultimo, non trascurabili le innovazioni in materia di procedimento amministrativo.
Nel perseguire l’obiettivo di una generale riduzione dei termini dei procedimenti, il D.L. ha previsto in primo luogo che con la notifica del preavviso di rigetto dell’istanza (art. 10-bis L. 241/1990) non si determini più l’interruzione dei termini procedimentali ma solamente la loro sospensione, con la conseguenza che gli stessi riprenderanno a decorrere per la parte residua dopo la presentazione delle osservazioni. Inoltre, l’Amministrazione sarà obbligata a motivare circa il mancato accoglimento delle osservazioni ed evidenziare gli eventuali ulteriori motivi di mancato accoglimento dell’istanza, con l’effetto di consentire una maggior tutela in sede giurisdizionale avverso il provvedimento così adottato. Sempre in quest’ottica, è previsto che l’Amministrazione non potrà più procedere con reiterati dinieghi dopo l’annullamento in sede giurisdizionale, basandosi su motivi ostativi già emergenti nella precedente istruttoria.
Sempre con riferimento ai termini procedimentali, le Amministrazioni dovranno misurare la durata effettiva dei procedimenti di maggiore impatto per cittadini e imprese, confrontarli con i termini previsti dalla legge e pubblicarli, affinché i privati abbiano effettiva contezza della loro durata. Restano ferme le norme già previste dalla L. 241/1990 in tema di eccessiva durata dei procedimenti amministrativi (intervento sostitutivo, indennizzo da ritardo, responsabilità disciplinare e contabile).
Con la modifica all’art. 2 della L. 241/1990, il Decreto sancisce espressamente l’inefficacia dei provvedimenti di inibizione dell’attività avviata con Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA) oppure a seguito della formazione del c.d. silenzio assenso, adottati dopo i termini a tal fine stabiliti dalla legge. Anche il modulo procedimentale della conferenza di servizi viene in parte riformato, seppur in via transitoria, con la previsione di misure tese a ridurre i tempi di espressione delle relative determinazioni da parte delle Amministrazioni interessate.
Le ulteriori prescrizioni del decreto riguardano materie eterogenee, quali la responsabilità, anche penale, dei dipendenti pubblici, la diffusione dell’amministrazione digitale, la green economy e la tutela dell’ambiente.
Il DL segna un ulteriore intervento del Legislatore finalizzato alla semplificazione burocratica dell’ordinamento, come già avvenuto più volte in passato anche se con risultati non sempre soddisfacenti. Ciò in quanto, la semplificazione necessita, affinché possa concretamente realizzarsi, della collaborazione di tutti gli attori, economici e non, compresa l’Amministrazione Pubblica, che devono adeguarsi applicando con ragionevolezza e trasparenza le norme effettivamente vigenti, come anche giustamente rilevato dal Ministro Dadone, secondo la quale “la semplificazione non si fa con un tratto di penna, ma richiede visione, impegno continuo e collaborazione tra istituzioni”.