Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha fornito un’interpretazione innovativa, rispetto alla prevalente giurisprudenza, relativamente ai presupposti necessari alla formazione del c.d. silenzio assenso che potrebbe verificarsi anche per le domande del privato che non risultino conformi ai presupposti di legge.
Il silenzio assenso, come noto, è quel meccanismo procedimentale in forza del quale l’istanza presentata dal privato cittadino si intende favorevolmente accolta dall’Amministrazione Pubblica, qualora quest’ultima non adotti un provvedimento di diniego entro la scadenza del termine previsto per la conclusione del relativo procedimento. L’istituto del silenzio assenso è disciplinato in via generale dall’art. 20 della Legge 241/1990 (c.d. Legge sul procedimento amministrativo), a norma del quale, appunto, il silenzio dell’Amministrazione competente oltre il termine previsto equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide. Il provvedimento “tacitamente” formatosi è una manifestazione di volontà ad ogni effetto, tanto che l’Amministrazione non può adottare un provvedimento di senso opposto, ma eventualmente intervenire in autotutela annullando d’ufficio o revocando il provvedimento tacito di accoglimento, sempre che ne ricorrano i presupposti.
La giurisprudenza “consolidata” ritiene che il mero decorso del termine procedimentale, tuttavia, non sia sufficiente affinché si formi il provvedimento tacito di accoglimento. Infatti, è necessario che la domanda del privato presenti tutti i presupposti e requisiti previsti dalla Legge per ottenere un provvedimento favorevole, in mancanza dei quali il silenzio assenso non potrebbe verificarsi. Dal momento che una diversa interpretazione determinerebbe la possibilità per il privato di eludere i presupposti di Legge quale conseguenza dell’inerzia o dei ritardi dell’Amministrazione.
Sul punto si segnala però la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 5746 del 2022, che ha fornito una chiave di lettura differente e innovativa. Infatti, con la pronuncia in questione il Consiglio di Stato ha affermato che il silenzio assenso può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme alla legge, purché quest’ultima risulti quantomeno aderente al modello normativo astratto previsto dal Legislatore per quella fattispecie.
La sentenza fornisce puntuali argomenti logico-sistematici a sostegno di questa tesi, che possono essere riassunti con il principio per cui se l’Amministrazione può adottare provvedimenti espressi illegittimi, perché non conformi alla legge, lo stesso deve valere anche con riferimento ai provvedimenti taciti formatisi per silenzio assenso, ipotesi che invece non potrebbe mai verificarsi se si seguisse l’interpretazione fino ad oggi sostenuta dalla giurisprudenza. E’ ancora presto per affermare se la pronuncia del Consiglio di Stato sia l’inizio di un nuovo orientamento interpretativo oppure di un contrasto giurisprudenziale che dovrà essere risolto dall’Adunanza Plenaria. In ogni caso, la sentenza in questione costituisce un importante precedente che ha il pregio di valorizzare la funzione di accelerazione e semplificazione procedimentale propria dell’istituto del silenzio assenso.