Con riferimento alle azioni revocatorie, il Codice della Crisi e dell’Insolvenza conserva l’impianto generale della Legge Fallimentare, benché siano state introdotte alcune novità di significativo rilievo.

A differenza di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, con riferimento alle azioni revocatorie, il nuovo codice mantiene la medesima impostazione della normativa previgente.


Il motivo di tale scelta è dovuta, per un verso, al fatto che il legislatore ha voluto maggiormente dedicarsi agli strumenti di risoluzione anticipata della crisi rispetto a quelli della liquidazione giudiziale, e, per altro verso, ad una consapevolezza della tenuta della disciplina della revocatoria nel tempo.


Sussistono tuttavia delle modifiche destinate a condizionare in modo rilevante la prassi operativa di coloro che operano con soggetti potenzialmente esposti alla liquidazione giudiziale.


Nonostante il nuovo Codice della Crisi abbia l’intento di delineare un sistema fondato principalmente sulla prevenzione della crisi, la revocatoria mantiene la sua rilevanza intervenendo qualora l’imprenditore non ricorra agli strumenti di risoluzione, o, ad esempio, quando il ricorso ad essi abbia un carattere abusivo ed abbia dato luogo alla successiva liquidazione giudiziale.
Le principali novità in materia riguardano: (i) La decorrenza del “periodo sospetto”; (ii) La revocatoria nella consecuzione tra procedure; e (iii) La revocatoria degli atti infragruppo.


Con riferimento al primo aspetto, nella Legge Fallimentare il termine da cui si calcolava a ritroso il “periodo sospetto”, vale a dire il periodo in cui ricadono gli atti assoggettabili a revocatoria, coincideva con la data di dichiarazione di fallimento; successivamente alla riforma tale termine viene invece fatto coincidere con la data di deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale.
Non può essere ignorato come tale nuova formulazione ponga due ordini di problemi: (i) per un verso, viene introdotto un elemento di incertezza in relazione alla diversa durata dell’istruttoria prefallimentare tra diversi tribunali, o per procedure diverse nell’ambito dello stesso tribunale, che potrebbe dilatare le tempistiche del periodo sospetto e (ii) non è prevista alcuna forma di pubblicità per la domanda cui segue l’apertura della liquidazione giudiziale, a differenza di quanto avveniva con la sentenza di fallimento.


Anche con riferimento alla consecuzione tra procedure, vale a dire l’ipotesi in cui il debitore avvii una procedura concorsuale finalizzata ad evitare la liquidazione giudiziale ma poi si ricada comunque in detta procedura, la principale differenza rispetto al sistema previgente riguarda il dies a quo per il calcolo del periodo sospetto, che è ora legato non all’apertura della prima procedura, ma alla presentazione della domanda cui segue l’ammissione alla stessa.


Infine, del tutto nuova è la previsione dell’art. 290 C.C.I.I., che introduce il tema delle azioni di inefficacia tra imprese del gruppo, permettendo al curatore di ottenere l’inefficacia di atti e contratti posti in essere nei cinque anni antecedenti il deposito dell’istanza di liquidazione giudiziale.