In un mondo in cui si sente sempre più spesso parlare dei principi “ESG” (Environmental, Social and Governance), stiamo assistendo allo sviluppo di una serie di nuove iniziative, anche private, attente a tali tematiche. In questo contesto si inseriscono le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), strumento attuale, di grande interesse e destinato a svolgere un ruolo importante nella direzione delle transizione energetica del nostro paese.
Le CER sono costituite da un insieme di soggetti quali persone fisiche, PMI (la cui partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l’attività commerciale e/o industriale principale), enti territoriali ed autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, che decidono di produrre e condividere energia elettrica proveniente da impianti alimentati da fonti rinnovabili per far fronte al proprio fabbisogno. La loro introduzione, non recentissima, è di stampo europeo: sono state infatti previste dalla direttiva europea 2018/2001 RED II e sono state successivamente recepite in Italia (inizialmente dal Decreto Legge 30 dicembre 2019, n. 162 e poi da una serie di decreti attuativi che ne hanno disciplinato più nel dettaglio caratteristiche e requisiti, in particolare il D.lgs 199/2021).
L’impennata dei costi dell’energia a causa del conflitto russo ucraino ha certamente determinato un forte interesse per questa materia. Ma vediamo nel concreto cosa sono le CER e come funzionano. Le CER sono dei soggetti giuridici autonomi fondati sulla “partecipazione aperta e volontaria” di persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali ed anche pubbliche amministrazioni che siano collocati tutti all’interno del medesimo comune ove è sito l’impianto che genera energia rinnovabile.
Queste devono essere proprietarie o comunque devono avere la piena disponibilità (anche, ad esempio, tramite un contratto di usufrutto o comodato) dell’impianto che produce l’energia rinnovabile (ad esempio, pannelli fotovoltaici). Lo scopo principale della CER è mutualistico vale a dire di produrre energia rinnovabile o, più in generale, di creare benefit ambientali per i soggetti che vi partecipano e per le comunità locali in cui operano. L’eventuale profitto economico non è del tutto vietato ma può essere solo secondario rispetto alla funzione mutualistica principale: una volta soddisfatto il fabbisogno di energia della CER, è infatti possibile vendere l’energia residua in rete.
Quanto alla forma giuridica della CER le norme di riferimento non impongano una determinata forma. Le CER possono quindi essere costituite in qualsiasi forma giuridica, a patto che rimanga inalterato il loro scopo, che è appunto quello di fornire benefici ambientali, economici e sociali ai suoi membri, e non profitti finanziari. La costituzione di una CER è un’operazione complessa che presuppone un’analisi prospettica atta a valutare la sostenibilità del progetto sotto molteplici aspetti: dei soggetti interessati a parteciparvi, delle attività che in concreto possono essere realizzate e della sostenibilità economica e finanziaria del progetto. Di tali valutazioni si deve infatti tener conto nella redazione dello statuto/regolamento della CER dove vengono esplicitati gli obiettivi ambientali, economici e sociali, le regole di gestione e i criteri per la ripartizione tra i membri dei benefici derivanti dagli incentivi previsti dalla normativa.