Facciamo il punto sulla disciplina delle locazioni transitorie ad uso abitativo e commerciale e sui requisiti per stipulare un valido contratto anche alla luce delle recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione.
È un fatto che le locazioni transitorie, sono sempre più utilizzate nella prassi dei rapporti contrattuali. Nonostante ciò, assai spesso, le parti di questi contratti non rispettano le condizioni necessarie previste dalla legge per poter accedere alla disciplina, più favorevole, della transitorietà.
Vediamo dunque quali sono queste condizioni.
In materia di locazioni abitative la disciplina delle locazioni transitorie è prevista all’art. 5 della l. n. 431/1998 che rimanda ad un apposito decreto interministeriale.
L’ultimo decreto emanato in materia, datato 16.01.2017, stabilisce che i contratti di natura transitoria debbano avere una durata non superiore a diciotto mesi e soddisfare particolari esigenze dei proprietari o dei conduttori con particolare riferimento a quelle derivanti da mobilità lavorativa e connesse allo studio, all’apprendistato e alla formazione professionale, all’aggiornamento ed alla ricerca di soluzioni occupazionali. In base al medesimo decreto, detti contratti devono contenere una specifica dichiarazione che individui l’esigenza di transitorietà del locatore o del conduttore, da provare, per i contratti di durata superiore a trenta giorni, con apposita documentazione da allegare al contratto. Il decreto specifica infine che, qualora questi requisiti non vengano rispettati i contratti saranno ricondotti alla durata prevista per le locazioni ordinarie ovvero non inferiore a quattro anni (con rinnovo per un periodo di ulteriori quattro anni, salvo ipotesi determinate).
La inderogabilità di tale disciplina è stata ribadita dalla Suprema Corte a più riprese e da ultimo con una recente pronuncia, la n. 5955 del 2023. In base a questo consolidato orientamento, per stipulare un valido ed efficace contratto locatizio ad uso transitorio, è necessario che l’esigenza transitoria, del conduttore o del locatore sia specificamente individuata nel contratto, al quale deve essere allegata documentazione idonea a comprovare la stessa, e che i contraenti, prima della scadenza del termine contrattuale, ne confermino, con lettera raccomandata, la persistenza.
Anche in materia di locazioni ad uso non abitativo è prevista l’ipotesi della transitorietà del rapporto. Ed infatti la legge n. 392/78 prevede all’art. 27 che il contratto di locazione possa essere stipulato per un periodo più breve rispetto a quello ordinario qualora l’attività esercitata o da esercitare nell’immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.
Ma quando può dirsi che l’attività svolta nell’immobile ha natura transitoria?
La giurisprudenza ha più volte ribadito che le esigenze del locatore non rilevano come valido presupposto della transitorietà. In base a questo principio, la Suprema Corte ha escluso l’operativa della deroga nel caso di un rapporto locatizio instaurato in un contesto di dismissione del patrimonio della società locatrice (Cass. Sez. III, n. 18942 del 16.7.2019). Quanto al significato da attribuire alla “natura dell’attività”, si riscontra un quadro giurisprudenziale altalenante tra chi suggerisce una lettura fortemente oggettiva del concetto di transitorietà e chi interpreta la natura transitoria in chiave più soggettivistica, valorizzando le esigenze del conduttore espressamente dedotte in contratto. Secondo il primo orientamento, la deroga alla durata minima prevista per le locazioni ad uso non abitativo sarebbe consentita solo per le locazioni funzionali all’esercizio di attività “ontologicamente” transitorie. Questa interpretazione esclude dall’operatività della deroga le ipotesi in cui il conduttore voglia svolgere nell’immobile un’attività commerciale o industriale normalmente stabile e la cui brevità sia impressa da sue particolari esigenze di programmazione imprenditoriale (Cass. Sez. III, n. 6896 del 11.08.1987).
Opportunamente, la successiva giurisprudenza si è attestata sul diverso principio secondo cui la transitorietà vada, invece, individuata non tanto nel tipo di attività, ma piuttosto tenendo conto del particolare modo in cui questa attività viene svolta nel concreto, avendo riguardo alla volontà delle parti. Coerentemente con tale principio, la Corte di cassazione ha affermato la transitorietà di una locazione avente ad oggetto un immobile da adibire a deposito e vendita di stock occasionali di mobili e arredamenti (Cass. Sez. III, n. 8489 del 20.8.1990). Questo secondo orientamento risulta più attuale e in linea con le esigenze degli operatori. Sono ad esempio frequenti attività di vendita destinate a cessare con l’esaurimento dei beni o attività commerciali collegate a eventi o manifestazioni particolari. Si pensi, infine, al fenomeno dei temporary store o pop-up store, punti vendita che possono rimanere aperti anche solo pochi giorni e che rappresentano ormai una parte rilevante delle strategie di marketing delle aziende retail.