Una recente decisione della Cassazione sugli accordi di aumento del canone offre lo spunto per alcune considerazioni in merito all’opportunità di rinnovamento della legge sulle locazioni commerciali e sui possibili profili di miglioramento.
La legge sulle locazioni è al passo con i tempi?
La legge sull’equo canone è in procinto di compiere 46 anni e, ci sia consentito, li dimostra tutti. Il contesto in cui essa è sorta è, oggi, radicalmente mutato e il suo fondamento, rappresentato dalla tutela “assoluta” della parte debole del rapporto, risulta in alcuni casi troppo rigido e, come detto, non più al passo dei tempi. Il legislatore ha preso atto di tale evoluzione e dieci anni fa ha liberalizzato le c.d. “grandi locazioni”, vale a dire i contratti con canone superiore a 250.000 annui e non relativi ad immobili di interesse storico.
Un altro contributo rilevante che ha reso, e sta rendendo, più elastica la normativa è fornito dalla giurisprudenza, come dimostra la questione degli accordi sull’aumento del canone intervenuti nel corso del rapporto di locazione commerciale.
L’ (im)mutabilità del canone di locazione. L’evoluzione giurisprudenziale.
La legge 392/78 consente di adeguare il canone alla variazione del potere di acquisto della moneta, sanzionando con la nullità gli accordi che prevedono un incremento in misura superiore al tasso di inflazione (a meno che, come anticipato, si tratti di una grande locazione).
La giurisprudenza ha assunto, inizialmente, una posizione molto rigida a riguardo, dichiarando nulli gli accordi di aumento del canone intercorsi in pendenza dell’accordo, qualunque fosse la ragione posta a fondamento dell’aumento (salvi, appunto, i casi di adeguamento del canone al tasso di inflazione). Successivamente le corti di merito e legittimità hanno manifestato un atteggiamento più elastico, riconoscendo la validità degli accordi integrativi della locazione che prevedano l’aumento del corrispettivo anche in misura superiore al tasso di inflazione rilevato dall’ISTAT, purché l’aumento sia correlato ad elementi predeterminati, di natura oggettiva.
La recente ordinanza della Cassazione n. 3399/2024 ha aderito all’orientamento da ultimo citato, confermando la validità di un accordo di aumento del canone nel contesto di una locazione di un albergo, giustificato dall’esecuzione da parte del locatore di lavori di miglioria dell’immobile. Molto spesso, infatti, gli elementi sulla base dei quali viene giustificato l’aumento del canone sono rappresentati dai lavori di ristrutturazione eseguiti dal locatore.
Un auspicio sugli accordi di modifica del canone.
Esiste un altro orientamento giurisprudenziale, minoritario, che considera validi tutti gli accordi di aumento del canone, anche in assenza di elementi oggettivi predeterminati, fatta eccezione per quelli che perseguono surrettiziamente lo scopo di neutralizzare esclusivamente gli effetti della svalutazione monetaria. Si auspica che i requisiti di tali patti diventino ancora più flessibili, consentendo di adeguare il canone al valore locatizio dell’immobile mediante accordi liberamente negoziati tra le parti, assicurando, al contempo, la tutela del conduttore di fronte ad effettive e concrete condotte abusive del locatore.