Una recente ordinanza della Cassazione contribuisce ad identificare alcuni degli elementi da cui possa evincersi un eccessivo squilibrio di diritti ed obblighi in un contratto commerciale, con conseguente nullità dell’accordo per abuso di dipendenza economica.


La disciplina dell’abuso di dipendenza economica, ormai in vigore da oltre 25 anni nel nostro ordinamento, rappresenta uno dei profili più delicati da tenere in considerazione nella redazione e gestione dei contratti d’impresa, soprattutto nei confronti dei partners commerciali piccoli e medio-piccoli. Infatti il mancato rispetto di tale normativa può dare luogo alla nullità dei contratti e, di conseguenza, al mancato riconoscimento dei crediti maturati nel corso degli anni verso la controparte contrattuale.


L’Ordinanza 27420 del 23 ottobre 2024 della Corte di Cassazione origina dal fallimento di una s.r.l. campana e, in particolare, dalla decisione del curatore fallimentare e del giudice delegato di non ammettere un credito vantato da parte di un’altra s.r.l. pari ad Euro 870.000 per mancato pagamento di forniture di beni ed Euro 800.000 per mancato pagamento dei canoni di affitto di ramo di azienda.


La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del giudice di merito. affermando che il contratto di affitto e il contratto di fornitura presentavano un eccessivo squilibrio di diritti ed obblighi, integrando un abuso di dipendenza economica che, ai sensi dell’art. 9 legge 192/98, comporta la nullità dei relativi accordi.


Gli elementi valorizzati dalla Corte per provare l’eccessivo squilibrio sono, tra gli altri, la conclusione di un contratto di affitto – con relativa autorizzazione all’uso del marchio e dei relativi prodotti – a pochi mesi di distanza dalla costituzione della società; l’assenza di merci e personale nel ramo di azienda affittato; la presenza, nel contratto di fornitura, di clausole contrattuali che consentivano al fornitore di determinare le modalità di vendita dei prodotti, la scontistica da applicare, i periodi promozionali etc; la circostanza che il creditore fosse l’unico cliente e l’unico fornitore del fallito per tutta l’esistenza “commerciale” della società.


La decisione della Suprema Corte conferma che occorre prestare la massima attenzione nella redazione dei contratti di impresa per evitare, a fronte di un apparente vantaggio iniziale rappresentato dalla firma di un “contratto blindato”, di subire ingenti perdite derivanti dalla dichiarazione di nullità dell’accordo. E’ necessario tenere presente che la legge non vieta di negoziare e concludere contratti vantaggiosi, che presentano uno squilibrio di diritti e obblighi a proprio favore.

Il divieto riguarda, infatti, la presenza di un eccessivo squilibrio di diritti ed obblighi: la linea di confine tra contratto vantaggioso/ squilibrato e contratto eccessivamente vantaggioso/ squilibrato non è sempre nitida e va identificata caso per caso, sulla base degli indici elaborati dalla giurisprudenza di merito e di legittimità.