Gianandrea Ciaramella, Politecnico, Italian Proptech Network
Nel settore del real estate, quali sono gli strumenti digitali ad oggi più efficaci per valutare l’impatto ESG degli edifici?
È abbastanza difficile fare una sorta di ranking in questo ambito, poiché l’evoluzione è continua e ci sono cambiamenti ogni settimana.
Sono diverse le soluzioni che abbiamo a disposizione, ne ricordo di seguito qualcuna a titolo di esempio tra imprese e ricerca:
- Carbon Risk Real Estate Monitor (CREEM), una piattaforma che vede coinvolti molti partner Europei (istituti di ricerca e imprese private) e che supporta la raccolta dati e il calcolo delle emissioni attuali e prospettiche, considerando gli interventi che possono essere fatti con obiettivi di efficientamento.
- Arc.gbci: una piattaforma del GBC USA, che vede tra i partner Moody’s e molte aziende di area tecnologica che consente di generare attraverso autovalutazione punteggi LEED
- ENEA, Università di Cassino e del Lazio Meridionale e della tedesca Empirica nel progetto finanziato dalla Commissione Europea, che punta sviluppare politiche innovative per l’implementazione dell’Attestato di Prestazione Energetica (APE) e l’integrazione con l’indice SRI (Smart Readiness Indicator) per la valutazione della “smartness” degli edifici
Esistono molte altre iniziative che vedono l’Italia collaborare con il mondo della ricerca e con istituzioni nazionali e internazionali. In particolare, ci sono politiche che supportano l’integrazione di sistemi esistenti, come l’attestato di efficienza energetica, e strumenti combinati che, se messi insieme, offrono risposte più efficaci.
Un’evoluzione interessante è rappresentata dall’IoT, già in parte realtà, che permette di raccogliere dati utilizzabili ai fini del riconoscimento dei crediti, automatizzando la raccolta attraverso sensori. Noi abbiamo sviluppato un progetto in collaborazione con un provider di facility management, che prevede la possibilità di utilizzare dati raccolti da sensori IoT per alimentare direttamente i crediti utili ai fini ESG (Leed, Well, Smartscore).
Come il Politecnico di Milano supporta aziende e istituzioni nell’integrazione dei criteri ESG attraverso la tecnologia?
La vera sfida, soprattutto nella filiera delle costruzioni e dell’immobiliare (sebbene viaggino a ritmi diversi), è la diffusione della cultura del tech. Il nostro settore è storicamente resistente al cambiamento e, in particolare, quello delle costruzioni – che ne è parte integrante – è tra i meno digitalizzati, posizionandosi al penultimo posto tra i settori imprenditoriali nel nostro Paese.
Il ruolo della ricerca è quello di facilitatore e divulgatore: è fondamentale diffondere cultura e conoscenza per accelerare il processo di innovazione.
PropTech è nato proprio a questo scopo: creare un ecosistema virtuoso in cui i fornitori di tecnologie dialogano con le imprese più strutturate, favorendo l’incontro tra domanda e offerta. È un modello efficace per supportare la filiera di cui ci occupiamo.
Alcune esperienze nascono dalla ricerca che vede la collaborazione tra aziende e università: questo modello di ricerca, adottato dal Politecnico di Milano, viene definito Joint Research Partnership. È appunto un modello di collaborazione tra atenei e imprese, in cui aziende con core business complementari si aggregano attorno a un tema di interesse comune, sviluppando progetti di ricerca i cui esiti si traducono in prodotti e servizi concreti e utilizzabili.
Un esempio interessante è il Centro di Ricerca dedicato all’Alta Velocità ferroviaria, che ha sviluppato soluzioni tecnologiche per migliorare le prestazioni dei servizi di trasporto su treni ad alta velocità.
Negli ultimi 3 anni, inoltre, abbiamo lavorato con il JRP Proptech sviluppando un tool: Workplace Integrated Ecological Footprint Assessment che consente di misurare le prestazioni degli edifici non solo in base alle loro caratteristiche fisiche, ma anche in relazione all’uso e al comportamento degli occupanti promuovendo metriche diverse da quelle solitamente in uso.
Questo include il monitoraggio dei consumi energetici, del riscaldamento e dell’impatto delle persone che lavorano da remoto.
Misurare l’impatto combinato di edifici e persone permette di ottenere una fotografia più completa della sostenibilità, fornendo nuovi indicatori di performance utili alle aziende che desiderano monitorare e migliorare questi aspetti.
Anni fa è stato sviluppato il BRaVe (Building Rating Value), oggi integrato con nuovi parametri per rispondere alle più recenti direttive europee. Non tutti sanno che la normativa impone che gli edifici non residenziali debbano misurare le prestazioni dei sistemi BMS (Building Management System). Il nostro sistema BACS è conforme alla Direttiva Casa Green, che dal 2024 richiederà l’implementazione di questi strumenti negli edifici più grandi, con una progressiva estensione agli altri.
Un altro aspetto interessante riguarda il coinvolgimento degli HR aziendali: molte aziende già raccolgono dati sui movimenti dei dipendenti e, attraverso survey anonime, possono monitorare aspetti come il remote working, le abitudini alimentari, i mezzi di trasporto utilizzati e l’ecological footprint. Questo è particolarmente rilevante perché l’impatto ambientale delle persone, anche quando lavorano da remoto, non è pari a zero e deve essere considerato nelle strategie di sostenibilità aziendale.
Quali sono i principali ostacoli che le aziende incontrano nell’adozione di tecnologie sostenibili?
Prima di rispondere è necessario fare una breve premessa.
Le imprese italiane sono storicamente poco inclini al cambiamento e, in generale, esiste una scarsa cultura digitale che riguarda tutti noi. Secondo ISTAT (2021), meno della metà della popolazione tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali almeno di base (45,7%). La maggior parte delle persone ha un livello di conoscenza inferiore al minimo richiesto per comprendere realmente il funzionamento delle tecnologie. Usare uno smartphone non significa avere una cultura digitale, così come saper accendere un computer non implica saperne sfruttare le potenzialità.
In aggiunta, l’evoluzione delle tecnologie è sempre più rapida rispetto al passato, generando un fenomeno di eterna rincorsa. Fino agli anni ‘90, il tempo necessario per acquisire una nuova tecnologia era di circa tre o quattro anni, e quella competenza restava valida per almeno un decennio. Oggi, invece, il tempo di apprendimento è spesso superiore al tempo di obsolescenza della tecnologia stessa. Questo crea una difficoltà strutturale in un contesto in cui la cultura digitale è già limitata e in cui tutto cambia con una velocità che rende l’apprendimento estremamente complesso.
Il settore delle costruzioni è tra i meno digitalizzati e spesso viene indicato come esempio negativo di arretratezza tecnologica. Tuttavia, non basta digitalizzare il singolo cantiere o una singola fase del processo, perché a dover essere digitalizzato è l’intero ecosistema: l’intero ciclo di vita dell’opera, dalla progettazione alla gestione e manutenzione.
Si cita spesso il BIM (Building Information Modeling) come esempio di innovazione, ma va ricordato che si tratta di un obbligo normativo: senza questa imposizione, molte imprese sarebbero ancora ferme alla gestione cartacea dei progetti. C’è inoltre una forte resistenza culturale, legata alla paura che la digitalizzazione complichi processi che si sono sempre svolti in altro modo. Tuttavia, anche nei cantieri sarebbe possibile utilizzare strumenti semplici e accessibili per migliorare l’efficienza senza stravolgere le abitudini consolidate.
Senza voler entrare in polemica, l’Unione Europea ha fatto dell’iper-regolamentazione un suo tratto distintivo. L’esempio dell’AI Act è emblematico: dopo tre anni di gestazione e oltre 60 decreti attuativi, ci si chiede se questa normativa agevoli davvero l’adozione dell’intelligenza artificiale o la renda più complicata.
Lo dico con cognizione di causa, essendo coinvolto in due progetti europei che prevedono l’impiego della tecnologia nelle città. Ora, però, questi progetti devono essere completamente rivisti perché sono nati prima dell’entrata in vigore delle nuove normative. Questo genera inevitabili ritardi e rallenta ulteriormente lo sviluppo di soluzioni che potrebbero essere utili a tutti.
Se da un lato le regolamentazioni sono necessarie per garantire trasparenza e sicurezza, dall’altro è importante trovare un equilibrio tra tutela e innovazione, evitando che le norme diventino un freno allo sviluppo tecnologico.
Quali tecnologie emergenti ritiene possano rivoluzionare il modo in cui progettiamo e gestiamo gli edifici in ottica ESG?
L’IA sta rivoluzionando la progettazione. Immaginiamo di avere un lotto edificabile con un certo volume massimo costruibile: una volta inseriti i vincoli urbanistici e le funzioni desiderate, l’IA è in grado di generare tutte le possibili combinazioni progettuali in un tempo estremamente ridotto.
In soli tre minuti, si ottiene una gamma di soluzioni molto più ampia rispetto a quella che un team di progettisti potrebbe elaborare in tre settimane. Questo non sostituisce i professionisti, ma fornisce loro alternative tra cui scegliere, permettendo di ottimizzare il progetto.
Se a questa capacità aggiungiamo l’analisi di dati utili per migliorare la sostenibilità, come l’uso di materiali innovativi e più efficienti, otteniamo un doppio vantaggio:
- High and Best Use – massimizzazione dell’utilizzo dello spazio edificabile;
- Sostenibilità – impiego di risorse più efficienti e a minore impatto ambientale.
A breve vedremo soluzioni basate sull’analisi dei dati raccolti dagli edifici che abitiamo quotidianamente, che permetteranno di sviluppare modelli pay-per-use. Questo sposterà l’attenzione dalla quantità di metri quadri disponibili al valore del servizio offerto.
Dal punto di vista dell’impatto ambientale, il focus sarà su aspetti come:
- Riscaldamento e raffrescamento ottimizzati,
- Gestione intelligente dei rifiuti,
- Efficienza nell’utilizzo delle risorse.
Le nuove soluzioni consentiranno un’ottimizzazione dell’uso degli edifici non solo in termini di spazi, ma anche dal punto di vista della sostenibilità e dei costi operativi.
I BMS (Building Management Systems) esistono da tempo, ma vengono sottoutilizzati: in media, se ne sfrutta solo il 10-20% delle potenzialità.
Oggi, grazie a strumenti avanzati, è possibile integrare un software di ottimizzazione che lavora sopra il BMS per migliorare la gestione degli impianti. Questo consente di ottenere risparmi fino al 20% sui consumi di un’intera stagione termica, con un impatto economico significativo.
Nonostante si parli molto di efficientamento, si fa ancora troppo poco: spesso, le tecnologie esistono già, ma non vengono utilizzate in modo coordinato e strategico.
Un’altra grande innovazione riguarda il monitoraggio digitale dei cantieri, che permette di:
- Comprimere i tempi di realizzazione,
- Limitare gli errori di esecuzione,
- Garantire il rispetto delle soluzioni progettuali,
- Confrontare in tempo reale il progetto con l’effettiva realizzazione.
Grazie a strumenti di monitoraggio digitale, i cantieri potranno essere valutati in modo oggettivo, basandosi su dati misurati dal sistema e non solo sulle valutazioni del direttore dei lavori.
Un cantiere che dura nove mesi anziché cinque genera un impatto significativo in termini di costi, sostenibilità e gestione delle risorse. Ottimizzare i tempi e ridurre le inefficienze rappresenta una leva strategica per il futuro del settore.
C’è una lezione che possiamo apprendere dai settori più avanzati nella digitalizzazione e applicarla al real estate?
Un aneddoto interessante riguarda un’esperienza avuta qualche anno fa nel nostro PropTech. In un’occasione, abbiamo ospitato un agronomo, il quale ha scoperto che un gruppo di medici oncologi aveva sviluppato un sistema per analizzare alcune cellule tumorali. Studiando il loro metodo, ha notato una somiglianza sorprendente con l’analisi di alcuni parassiti delle piante. Da questo incontro è nata un’innovazione: una metodologia sviluppata in ambito oncologico è stata adattata e applicata al mondo dell’agronomia, migliorando lo studio delle malattie delle piante.
Morale? Spesso, guardando al di fuori del nostro settore, si possono trovare soluzioni semplici ma innovative, capaci di generare un impatto significativo.
Un altro esempio arriva da un progetto europeo su Cascina Merlata, dove stiamo testando soluzioni di IA per il miglioramento della città.
Il parco di Cascina Merlata richiede un monitoraggio costante della biodiversità. In passato, ogni sei mesi un biologo effettuava un sopralluogo per identificare le specie presenti e valutarne lo stato di salute. Ora, grazie a un sistema di controllo avanzato, è possibile effettuare un monitoraggio automatizzato della popolazione di insetti nel parco.
Il biologo non ha smesso di fare il suo lavoro, ma ora lo svolge con un livello di dettaglio molto più elevato: il sistema gli fornisce direttamente i dati di base, consentendogli di redigere analisi più precise e complete. L’IA non sostituisce il lavoro umano, ma lo supporta, rendendolo più efficiente.
Esistono molte tecnologie che, pur non nate nel settore real estate, possono essere mutuate con successo. Un esempio è la cantieristica navale:
- Grazie alla blockchain, i grandi cantieri navali riescono a gestire in modo sicuro e certificato l’intera filiera produttiva.
- Il taglio delle lamiere per le navi avviene con tecnologie di ottimizzazione digitale per ridurre gli sprechi.
- In alcuni cantieri navali si adottano metodi di assemblaggio a secco, con le facciate montate come pezzi di Lego.
Questi stessi principi potrebbero essere applicati alle costruzioni edili, ma il settore presenta due grandi differenze:
- Le imprese di costruzione sono di dimensioni più ridotte e spesso poco digitalizzate.
- Il settore opera su scala locale, mentre la cantieristica navale ha una dimensione più internazionale.
Nonostante una certa resistenza al cambiamento, vedremo una crescita delle soluzioni modulari “plug & play”anche nell’edilizia. È solo questione di tempo prima che questi modelli, già sperimentati in altri settori, diventino standard anche nelle costruzioni.
Se doveste misurare il valore della sostenibilità in una parola, quale scegliereste e perché?
Direi che la parola è connessioni.
Luciano Floridi sostiene che l’Intelligenza Artificiale sia una scorciatoia, ma che in realtà il suo valore risieda nelle connessioni che è in grado di creare. L’IA non è solo uno strumento di calcolo avanzato, ma una tecnologia capace di elaborare e mettere in relazione un numero potenzialmente infinito di connessioni tra dati, informazioni e concetti.
Il vero contributo dell’IA sta nella sua capacità di sintesi, cioè nell’organizzare e strutturare enormi quantità di dati per renderli interpretabili e utili. Tuttavia, Floridi sottolinea un aspetto fondamentale: l’IA è utilissima solo se chi la utilizza è competente.
Se una persona possiede già competenze in un determinato settore, l’IA diventa uno strumento straordinario per accelerare analisi, scoperte e innovazione. Ma se manca la competenza di base, il contributo dell’IA è potenzialmente nullo, perché l’utente non è in grado di valutare se il risultato prodotto sia corretto o meno. In altre parole, l’IA non sostituisce la conoscenza umana, ma la amplifica – a patto che ci sia consapevolezza critica nell’interpretare i suoi output.