Paola Monica Dimaggio, Penny Market Italia
In che modo la sostenibilità sta contribuendo, o meno, alla vostra performance economica?
La sostenibilità per Penny non è solo un principio etico, ma un motore di sviluppo economico.
Per noi, la marca privata rappresenta il principale strumento attraverso cui concretizziamo i nostri valori di sostenibilità e li trasferiamo ai clienti. Un esempio significativo è il progetto che abbiamo sviluppato con AIRC, la Fondazione per la Ricerca sul Cancro. Abbiamo creato una linea di prodotti a marchio privato che sostiene la prevenzione oncologica, e il nostro impegno è stato riconosciuto con il premio ‘Credere nella Ricerca’, consegnato dal Presidente della Repubblica nell’ottobre 2024. Questo è un segnale chiaro di come la sostenibilità possa generare valore anche dal punto di vista della reputazione e della fidelizzazione dei clienti.
Un altro punto chiave è il nostro impegno nella lotta contro lo spreco, con iniziative come la partnership con Too Good To Go, che ci ha reso il primo discount italiano a collaborare nella lotta contro lo spreco alimentare. Questo ha un impatto economico diretto: ci consente di ridurre significativamente lo spreco nei punti vendita, un fattore che non solo migliora la nostra impronta ambientale, ma anche la gestione operativa. Lo stesso vale per il progetto con Coripet, il consorzio che si occupa del riciclo dell’RPET: nei nostri 64 punti vendita aderenti abbiamo installato eco-compattatori per la raccolta di bottiglie PET, offrendo ai clienti un incentivo economico sotto forma di sconti sulla spesa. Questa iniziativa ha avuto un tasso di redemption del 95%, il che significa che il meccanismo è percepito come vantaggioso e viene attivamente utilizzato dai consumatori.
Infine, l’efficienza energetica è un altro pilastro della nostra strategia: l’adozione di impianti fotovoltaici e sistemi avanzati di gestione dell’energia ci permette di ridurre il consumo nei negozi e nei centri logistici. È un investimento importante, ma ci aspettiamo un ritorno economico significativo nel lungo periodo, sia in termini di riduzione dei costi operativi che di minore esposizione alle fluttuazioni del mercato energetico.
Qual è l’investimento più rilevante che avete fatto nell’ultimo anno per migliorare la sostenibilità, e che risultati ha portato?
Senza dubbio, il progetto più significativo è stato l’efficientamento energetico (es. fotovoltaico nei punti di vendita e la realizzazione del centro logistico di Buti nel 2023).
Abbiamo investito in maniera massiccia sulla costruzione di nuovi centri di distribuzione a Catania e Buti, ridisegnandoli con criteri di sostenibilità. Questi centri adottano tecnologie all’avanguardia per l’efficienza energetica, come impianti di illuminazione a basso consumo e fonti rinnovabili, riducendo l’impatto ambientale e ottimizzando l’uso delle risorse.
I benefici: oltre alla riduzione dei costi energetici, abbiamo migliorato l’efficienza energetica.
Questa è una direzione su cui continueremo a investire nei prossimi anni, anche per il rinnovamento degli altri centri logistici esistenti.
Come valutate i progressi in sostenibilità rispetto ai vostri obiettivi a lungo termine?
Abbiamo fatto progressi importanti. Oggi il 28% dei prodotti a marchio privato rientra nella categoria ‘green’, grazie a certificazioni di sostenibilità e criteri ambientali rigorosi. Anche sul packaging, il 27% è già sostenibile, e il nostro obiettivo è arrivare al 100% di packaging sostenibile entro il 2030.
La regolamentazione gioca un ruolo chiave: essendo parte del gruppo REWE, abbiamo già iniziato a implementare le direttive europee sulla due diligence della catena di fornitura (EUDR). Attualmente stiamo analizzando tutti i nostri fornitori per garantire il rispetto degli standard ambientali e sociali. Questo ci pone in una posizione di vantaggio rispetto ad altre aziende, ma è un processo complesso che richiede tempo e investimenti continui.
Qual è la sfida più grande che avete incontrato nell’integrare la sostenibilità nel modello di business? E quale il successo di maggiore soddisfazione?
La principale sfida è la complessità normativa. Il numero di regolamenti e direttive in materia di sostenibilità è aumentato esponenzialmente, e le aziende devono adattarsi in tempi molto rapidi. Questo può portare a un rischio di ‘compliance forzata’, in cui la sostenibilità viene vista solo come un obbligo burocratico, invece che come un’opportunità strategica.
Tuttavia, il nostro più grande successo è l’apprezzamento da parte dei consumatori. La risposta positiva alle nostre iniziative – dai prodotti sostenibili agli incentivi per il riciclo – dimostra che la sostenibilità è diventata un criterio di scelta per i clienti. È una conferma del fatto che stiamo andando nella direzione giusta.
Il suo settore di riferimento come pensa che evolverà in rapporto alle tematiche riguardanti la sostenibilità?
Il settore retail sta subendo una trasformazione radicale. Un tempo la sostenibilità era considerata un “valore aggiunto”, oggi è un requisito essenziale. Normative come la Due Diligence Directive e la CSRD stanno riscrivendo le regole, obbligando le aziende a ripensare l’intera supply chain con una prospettiva più responsabile.
Questo significa che il vecchio modello basato esclusivamente sul prezzo dovrà evolversi. La sostenibilità diventerà un fattore di differenziazione competitiva: le aziende che riusciranno a integrare realmente questi principi nella loro strategia di business avranno un vantaggio rispetto ai competitor che si limiteranno a una conformità di facciata.
Se doveste misurare il valore della sostenibilità in una parola, quale scegliereste e perché?
La parola che sceglierei è responsabilità. La sostenibilità è una responsabilità condivisa tra aziende, istituzioni e consumatori. Non possiamo più vederla come un’opzione: è un impegno concreto verso l’ambiente, le persone e le future generazioni. La sfida più grande sarà trasformare questo senso di responsabilità in azioni concrete e durature.